Navi a perdere: il veleno del mare
A causa di uno squarcio, quella nave mercantile navigava alla deriva già da alcune ore. L’equipaggio – con un elicottero – era stato tratto in salvo dalla Guardia Costiera e dai Carabinieri, e condotto all’ospedale civile d’una città vicina. La nave, oscillando tra le onde, si era spostata da un paese all’altro. Affondava lentamente, continuando a barcollare come un ciondolo impazzito.
Pian piano si avvicinò sempre di più alla spiaggia, attirando la curiosità degli abitanti del posto. Finché, dopo qualche ora, non si arenò del tutto su un piccolo litorale.
Sembra l’incipit di un romanzo horror o di un racconto thriller, e se ci trovassimo in un libro, a questo punto, l’autore farebbe uscire dalla nave qualcosa di mostruoso, o di tragico. Ma purtroppo, come dice sempre Carlo Lucarelli: “questo non è un libro, è la realtà”. E sfortunatamente quel qualcosa di tragico è uscito veramente da quella nave…
Sto parlando della Jolly Rosso (all’epoca dello spiaggiamento solo Rosso) che precisamente vent’anni addietro (il 14 dicembre del 1990) si arenò sulla piaggia di Formiciche a 15 km da Amantea, in provincia di Cosenza.
In quell’occasione gli abitanti del luogo si radunarono sul serio sulla spiaggia. Erano curiosi: non avevano mai visto una nave del genere accasciarsi sulla riva; non avevano mai assistito ad uno spettacolo in cui un gigante di metallo si abbatte piano piano sulla costa.
Ma lo “spettacolo” durò poco e divenne paura.
Giusto il tempo di scoprire di che nave si trattasse. Era una nave dal passato oscuro, che si portava dietro una fama lugubre ed una nomea poco rassicurante. Era La nave dei veleni. Così chiamata per aver trasportato dei rifiuti tossici dal Libano fino a La Spezia qualche anno prima.
Lo smaltimento dei rifiuti tossici tramite l’affondamento di navi mercantili – ad opera della criminalità organizzata e di imprenditori senza scrupoli – è un problema che da diverso tempo affligge la Calabria. E non solo questa regione…
È una piaga che colpisce tutti e tutto, l’ambiente, la salute dei cittadini, l’anima della Terra. È un crimine orrendo, perpetuato da persone ignobili, capaci di avvelenare persino la terra in cui vivono. È una storia che di recente è tornata alla ribalta della cronaca a causa delle dichiarazioni rilasciate da un pentito, Francesco Fonti.
Tempo fa, infatti, il collaboratore di giustizia aveva parlato di un affondamento realizzato al largo di Cetraro, un paesino non lontano da Amantea. Aveva parlato dell’inabissamento della Cunsky, una motonave russa scomparsa misteriosamente nel 1992 e – a detta del pentito – affondata assieme ad un carico di scorie e rifiuti tossici. Ricerche fatte attraverso un robot subacqueo avevano poi dimostrato che, effettivamente, qualcosa di nascosto in quell’abisso c’era: un relitto di una nave con all’interno un carico non ben definito.
Così, sono nate le paure; le congetture della gente che non si fidava più del suo stesso mare; sono nate le fobie – giustificate – per i rischi alla salute che questo incubo porta con sé.
Qualche giorno dopo sono partite le manifestazioni. I media si sono interessati al caso. Il sindaco di Cetraro è stato più volte intervistato in TV. La gente del luogo ha cominciato a non comprare più pesce e i pescatori si sono rivolti alle autorità per ottenere un indennizzo per i danni subiti. Fortunatamente, l’incubo è cessato qualche settimana più tardi, quando ulteriori sondaggi sono stati effettuati da parte del Governo ed hanno scongiurato il peggio. Quella nave non era ciò che il pentito aveva dichiarato.
Qualche giornalista e qualche scettico ha espresso dei dubbi sulla veridicità dell’operazione. Qualcuno ha pensato: “non sarà stata tutta una trovata per mettere a tacere il fattaccio?”. Non tutti si sono convinti, quindi, e c’è chi ha realizzato anche un libro sull’argomento presentando delle prove a favore della sua tesi.
Quello delle navi dei veleni è un male che affligge la Calabria da diverso tempo. Ed è un male che nasconde anche dei segreti cupi e oscuri. Domande che non hanno ancora trovato risposta.
Per la Jolly Rosso, ad esempio, non si è arrivati ancora ad una soluzione definitiva. L’inchiesta aperta dalla magistratura è stata archiviata l’anno scorso ed ancora il dubbio resta: quell’ammasso di ferraglia trasportava realmente dei bidoni carichi di rifiuti tossici?
Senza considerare la morte improvvisa e misteriosa del capitano Natale De Grazia che, al momento della scomparsa, stava indagando proprio su questa vicenda.
Il libro Navi a perdere di Carlo Lucarelli, definito un “noir di ecomafia”, riassume l’intera vicenda della Jolly Rosso, analizzando da vicino l’intero “business” dei rifiuti tossici. È un libro che merita di essere letto e conservato in un posto speciale della libreria. Un’inchiesta giornalistica come ce ne sono poche su questo dramma. È un libro che mette in risalto anche la figura del capitano Natale De Grazia, un uomo che ha dedicato gran parte della sua vita alla ricerca della verità sulle navi dei veleni.
Nei commenti al libro, sulla pagina Web di IBS, trovate anche l’intervento della sorella di Natale, Rita del Grazia, che ha ringraziato Lucarelli per lo stupendo lavoro fatto. Ecco cosa scrive:
“Rita De grazia (12-12-2008)
“L’autore affronta un argomento del quale si preferisce non parlare, con molta incisività e chiarezza. Descrive i fatti come purtroppo sono accaduti e riesce con intelligenza a evidenziare la personalità di mio fratello, sembra un suo vecchio amico. Voglio esprimere il mio apprezzamento per come svolge senza compromessi il suo mestiere di giornalista e lo vorrei invitare domani sera ad un incontro che si terrà al Consiglio Regionale della Calabria, Reggio Calabria, proprio sulle “navi a perdere” promosso dal “Comitato per la verità”( mi auguro sia già stato invitato). Distinti saluti”
Il libro Navi a perdere costa solo 10 euro. Questa la quarta di copertina: «In fondo al mare le balene cantano. Lo fanno anche le navi? Sembrano immobili sul fondo, immobili e mute, ma non è vero, perché ormai lo sappiamo che non c’è mai niente di fermo, nel mare, neanche un relitto di ferro arrugginito, incrostato di alghe e di sale, appoggiato a un fondo di sabbia e di roccia da anni e anni e anni.»
Personalmente, dopo averlo letto ho guardato il mare con occhi diversi. Ho sentito ancora il profumo intriso di sale, ho percepito ancora il fruscio delle onde ed ho avvertito ancora la sua brezza sulla pelle. Ma, purtroppo, ho sentito anche un atroce sospetto.
Davvero nascosto sotto il manto azzurro del mare si cela un fantasma che avvelena la gente?